Non so bene come iniziare, ma conosco bene come finire, con un semplice e stupido punto.
La punteggiatura ha segnato con i suoi respiri i passi cadenzati del tempo necessario, affanno dopo una sigaretta premuta sul fondo di un bicchiere rotto. La lente d'ingrandimento ha aumentato la probabilità di una possibile traduzione di una lingua antica di indecifrabile memoria. Non serve ricordare, le foto sbiadite dai riflessi del tempo registrano la nostra probabile vita analogica.
Sull'odore indelicato della pelle si sbriciolano frammenti di parole. Le lettere cadono senza senso, senza rincorsa. Abbiamo perso il fiato della scrittura, della composizione, della melodia, i suoni sono inutili, muti, stanchi e le parole scadute. Il codice a barre riporta la data di consumazione (preferibilmente), non oltre.
Decisi di fare un ultimo tentativo, senza più vocali o consonanti, prima le ho rovesciate, ne ho tolto il guscio, le loro grazie, in qualche modo dovevo arrivare al midollo osseo. Quell'essenziale, dove resta comunque difficile trarne il nucleo vitale.
Di solito rimane una traccia, un'ombra sporca, un profumo, quello dell'attesa.
Stavolta nulla. Calcolare il vuoto resta difficile, le equazioni delle curve del tempo restano incollate alla radice quadrata.
Punto fissato per separare le distanze, per tenere a bada l'imbarazzo, per appoggiarci in equilibri precari. Come funamboli, ma senza una buona dose di addestramento, rincorriamo le nuvole, restando a galla, fino a toccare quei filamenti di zucchero filato che giocano a creare i sogni. Ma poi di colpo si cade, senza lasciare materia da registrare. La sagoma del corpo scompare in un precipitarsi incondizionato. L'attimo si stupisce, il dopo si inquieta. Coniugazione errata di una espressione sbagliata. Qui e ora, non ora, non qui, distrattamente mi sono lasciato al consumo sregolato di immagini che attraversano lo sguardo fisso. Arrestarsi nell'inquietudine ha carteggiato il cuore, lo ha ridotto ad osso, non pulsa, non vibra, non ritma. La mente non produce pensieri, solo assenze: osservazione dentro lo sguardo contrario. Panico, paura, tremore, di nuovo silenzio. Fin da piccolo ho avuto incertezza delle assenze, ne ho digerito i rumori, le ho distorte, le ho conservate dentro una barattolo di miele e poi li ho diluite con il sale. Punto e virgola, pausa, sintesi di una condizione necessaria. L'emergenza di un principio di indeterminazione risolve il caso. Dettato da una educazione poco corretta e da una sensazione sbagliata, lo smarrimento di fronte a qualcosa di indescrivibile riempie il punto.
Congedo indisposto del tempo della scrittura. Le parole se ne vanno in fretta, scappano, non hanno tempo di fermarsi; nemmeno io. Ultima pagina riempita prima del PUNTO.