domenica 10 aprile 2011

Le mie prime parole

Le parole che per molti anni sono rimaste conservate nella cantina delle incertezze e nella riserva delle paure, di colpo come uno schiaffio hanno ripreso a farmi male.
Come un buon vino che ha bisogno di mantenersi in posizione e nella temperatura ideale, più lo si lascia riposare e più si invecchia. Così facendo il suo sapore acquista gusto e valore, diventa corposo negli anni e forte di sensazioni. Allo stesso modo le parole che sfogliano la mia anima nella notte in cui le stelle bruciano e si fanno sole che illumina qualcosa di misterioso, qualcosa che non smette di tacere. L'invisibile si fa visibile nell'ordine delle cose, il silenzio grida e riempie i tratti mancanti di una scrittura ormai pronta a riprende fiato.
Avevo perso quel guizzo nell'acqua,il volo di farfalla nell'aria che riequilibra ad un tratto le troppe cadute a faccia avanti. Le ferite che conservo con cura sotto le cicatrici dei giorni sono il racconto sulla mia pelle. Lavo bene le mani per preparami di nuovo al confronto con le parole che si rovesciano, si trattengono tra un punto che separa e una virgola che sospira e due punti che aprono e mi lasciano navigare sotto a questo cielo stellato.
Allungo la mano per toccare un pezzo di cielo, mentre nell'altra trattengo il consumarsi lento di una sigaretta appena accessa. I polmoni si aprono a lunghi sospiri, come a raccontarmi la fatica del respiro. Una bracciata dopo l'altra è lo forza del corpo di stare a galla, di non affondare, di mantere viva la superficie e la profondità contemporaneamente.
Spostare una parola, ancora una, e poi un'altra, la rivoluzione di questo continuo mutare, di questo andare fatto di paure, con poca saliva ancora da consumare. Si innesca un'evoluzione di un discorso lasciato a metà, mai finito per intero. Di solito è mia abitudine terminare il piatto portato a tavola, sbucciare la mela con destrezza, per non rovinare il cuore interno. Ma quando si tratta delle parole, quelle non le ho mai consumate del tutto, spesso con inquietudine.
Raschiare la lettera, graffiare il suono della vocale, stringere i denti per cercare un sorriso mancato, per sconfiggere il dolore. Spesso i ricordi mi assalgono, come il senso di colpa, per non aver detto, per non averci creduto, per non aver ascoltato, per aver sempre taciuto di fronte alle parole. Con imbarazzo nel silenzio mi sento nudo, scoperto da ogni guscio che indosso.
Cerco di fare la fotografia migliore, di calcolare lo spazio tra lo scatto e la forza della luce. Sono sempre rimasto affascinato dai corpi invisibili che nascono nell'attimo prima del fermo-immagine. Il tempo si cura delle sue mani, come io mi curo delle mie stranezze, così le parole non si curano della mia scrittura.
Reciproco frammento di un discorso amoroso...
Il mio primo atto di forza, il mio primo grido, il mio primo giorno di vita, il primo respiro, le mie prime parole dopo tanta paura...

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BLOGGARSI BLOGGAMENTE

Ogni mio pensiero apparterà a questo blog: spazio conquistato tra le mie paure e le mie incertezze. Scoprirsi in silenzio, dove nessuno mi conosce. Un velo leggero: confine labile tra il mio essere e il mio non essere. Condizione necessaria per sentirmi bloggato.