venerdì 16 novembre 2007

Pellicola nera


Finchè ebbe luce negli occhi, mio padre fece fotografie. Un intero scaffale si riempì di immagini nostre riprese nelle circostanze speciali come nelle comuni. Durò dieci anni, non di più, la raccolta: gli anni del primo benessere e della caduta della sua vista. Resta così documentata fino al dettaglio una sola età, forse l'unica che sono riuscito a dimenticare. Gli album, gli archivi non mi sorreggono la memoria, invece la sostituiscono.
Fu quello un tempo di spiazzamenti, tra i miei nove e i diciannove, quando avvennero traslochi in migliori quartieri e la povertà finì d'improvviso insieme con l'infanzia. A casa nuova, la bella, non si parlò più di quell'altra condizione: una strada in discesa, la pioggia in cucina, gli strilli del vicolo.

E. De Luca Non ora non qui

Dietro alla foto sbiadita, la macchina fotografica conserva il momento del qui e dell'ora, un'istante che trasuda ancora su di me. I ricordi proibiscono di cancellare lo spazio del tempo, restano appiccicati come zanzare nel momento dell'abbandono. L'ultima foto che stringo nella mano possiede i colori del bambino e l'innocenza della prima luce, si veste leggera dentro al vento e nelle orecchie il suono del silenzio allucinante della pellicola nera interna alla macchina.
L'unico senso è quello del non-senso, è l'unica cosa che ho capito fino ad ora.

Uno scatto che anticipa il verso zoppiccante delle mie parole incerte.

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Ogni mio pensiero apparterà a questo blog: spazio conquistato tra le mie paure e le mie incertezze. Scoprirsi in silenzio, dove nessuno mi conosce. Un velo leggero: confine labile tra il mio essere e il mio non essere. Condizione necessaria per sentirmi bloggato.