sabato 6 settembre 2008

Lo sberleffo più famoso del rock entra al museo

Una linguaccia dentro al museo.

Uno dei più interessanti e belli musei di Londra: Albert e Victoria Museum (Cromwell Road (South Kensington) ospiterà da ora in poi il simbolo di una generazione, di uno stile, di un sentimento di appartenenza, da ora in poi nel museo una delle icone più importanti nella storia del rock'n roll.

Lo sberleffo più famoso del rock entra al museo

di ERNESTO ASSANTE e GINO CASTALDO

ROMA - Molti hanno creduto, a torto, che quella grande bocca aperta con la lingua di fuori che da trentasette anni identifica i Rolling Stones l'avesse creata Andy Warhol, anche perché comparve la prima volta sul disco "Sticky Fingers" del 1971, quello che aveva la copertina con i blue jeans e una lampo apribile, disegnata appunto dal re della pop-art. Chi altri del resto avrebbe potuto sintetizzare meglio il ribellismo rock, chi avrebbe potuto immaginare una semplice, sboccata linguaccia capace di esprimere in un solo colpo visivo tutto quello che gli Stones urlavano al mondo ai tempi in cui i giornali inglesi titolavano: "vi piacerebbe che vostra figlia frequentasse tipi del genere?" con foto del gruppo en travestì. Ma il genio in questione non era Warhol. Si trattava di un oscuro studente del London's Royal College of Art, il ventiquattrenne John Pasche, che Mick Jagger contattò perché insoddisfatto delle idee che gli venivano proposte dalla Decca, la loro casa discografica del tempo.

Da ieri, la celebre linguaccia è un oggetto da museo. Il Victoria and Albert Museum di Londra ha annunciato martedì di aver comprato il disegno originale per 92.500 dollari. Scelta comprensibile, considerando l'aria di museificazione che circola da qualche anno nella cultura rock. Testi originali, strumenti, perfino vestiti, tutto quello che le rockstar dell'età d'oro hanno toccato è oggi oggetto di affannose ricerche e aste da parte di istituzioni e collezionisti privati. E la lingua Stones è senza alcun dubbio il logo più famoso e riconoscibile di tutta la storia del rock, simbolo di ribellione e sessualità, sintesi di musica e immagine, di energia e trasgressione, talmente efficace che la band non lo ha mai più abbandonato. Ancora oggi campeggia su magliette e poster, e vuol dire una sola cosa: Rolling Stones. Un risultato da far invidia ai più agguerriti marchi del nostro tempo. Lo stesso autore ne è sorpreso: "Non mi sarei mai aspettato che l'avrebbero usato così a lungo", ha detto, "sono ancora sorpreso della sua popolarità ricevo ancora e-mail da gente che mi dice "Mi sono appena tatuato il logo sul braccio"".

La storia: John Pasche aveva ricevuto nel 1970 l'incarico di realizzare un poster e un logo per il tour del 1971 della band inglese. Mick Jagger lo convocò per spiegargli bene cosa aveva in mente. L'idea della lingua Jagger l'aveva avuta guardando delle immagini della dea indiana Kali: "Mick aveva un dipinto della dea Kali che amava molto", ha raccontato Pasche al Guardian, "L'India andava molto a quei tempi, ma io temevo che qualcosa del genere potesse andare fuori moda prima o poi. Volevo qualcosa che fosse anti-autoritario, ma credo che l'idea mi venne quando incontrai per la prima volta Jagger, faccia a faccia con lui: la prima cosa che si notava era la grandezza delle sue labbra e della sua bocca. La lingua della dea Kali e le labbra di Jagger erano un insieme perfetto, rappresentavano l'attitudine anti-autoritaria della band, avevano una naturale connotazione sessuale. Sono molto fiero di averlo realizzato".

Pasche disegnò il logo in due settimane e gli Stones lo pagarono 50 sterline. Prima dei Rolling Stones erano stati i Beatles a creare due fortunati marchi, quello celeberrimo con il nome della band con la T allungata, che appariva sulla cassa della batteria di Ringo Starr fin dal 1963, e la mela verde della Apple, al centro di una interminabile battaglia legale con l'omonima azienda di computer di Steve Jobs. Molti altri famosi marchi hanno segnato la storia del rock, da quello degli Who, con la freccia e il bersaglio, diventato simbolo della generazione mod nel 1964, fino al logo dei Nirvana con lo "smile" sconvolto, passando per i celebri marchi di gruppi come Led Zeppelin, Kiss, Aerosmith, Grateful Dead, Ramones, Sex Pistols, Yes, fino all'incontenibile M che Madonna sfodera in proporzioni gigantesche sul palco del suo attuale concerto. Da questo punto di vista il rock non è poi così diverso da qualsiasi altro prodotto del grande mercato della cultura pop. Per sopravvivere ha bisogno di marchi, facilmente riconoscibili. E per ora la linguaccia rimane quello da battere.









L'arte si confonde con la musica, con uno dei marchi più famosi al mondo.
Uno dei musei più importanti a livello mondiale dedicato alle arti applicate e alle arti minori, si dedicherà alla musica, da Blake ai Rolling Stones.
L'arte di unire la poesia e il suono a ritmo di rock'n roll.

1 commento:

Eazye ha detto...
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